Il sangue di San Gennaro: una sostanza tissotropica?

di adriana 24 settembre 2007

Il miracolo si è rinnovato nuovamente. Alle 9.31 del 19 settembre scorso il duca Riccardo Carafa, della deputazione di San Gennaro, ha sventolato il fazzoletto bianco davanti alla folla dei fedeli, segno dell’avvenuto miracolo della liquefazione del sangue del santo napoletano. All’interno del Duomo, il cardinale Crescenzio Sepe, nel medesimo momento, ha mostrato ai fedeli l’ampolla con il sangue liquefatto. “Un segno prodigioso – ha dichiarato – che manifesta la vicinanza e la predilezione del Signore per questa nostra amata e sofferente terra che, benedetta da Dio, tenta con ogni sforzo, in mezzo a mille difficoltà di rendere pura, visibile e trasparente la sua fede in Gesù Cristo”. Il miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro fu annoverata per la prima volta nel 1389 e da quel momento si manifesta tre volte l’anno: il 19 settembre, data in cui il santo fu decapitato nel 305 d.c., il sabato che precede la prima domenica di maggio, in occasione della cerimonia che ricorda la prima traslazione delle reliquie, ed il 16 dicembre, per l’anniversario dell’eruzione del Vesuvio del 1631, bloccata dopo le preghiere al patrono. In queste occasioni, i grumi rappresi spontaneamente si sciolgono ed il sangue ribolle ed assume il colore rosso vivo. Ma non sempre il miracolo si compie e quando non accade sono dolori: secondo i napoletani, incombe la sciagura. A volte, poi, il miracolo si compie al di fuori delle date previste, come accadde nel giugno del 1799, quando il generale francese Championnet entrò a Napoli con le sue truppe oppure, in tempi recenti, nel maggio ’92 in occasione della visita del Gran Maestro dell’Ordine di Malta, Andrew Bertie. In questi secoli vari studiosi, scienziati e ricercatori di tutto il mondo hanno tentato di dare una spiegazione scientifica a questo incredibile prodigio. Per lungo tempo non si è riusciti, però a trovare una soluzione plausibile che raccogliesse il parere favorevole, se non di tutti, almeno del maggior numero di esponenti della comunità scientifica. Oggi però una teoria si sta facendo strada rispetto alle altre.

L’ipotesi Tissotropica
La tissotropia, dalla definizione che ne da Wikipedia, è “la proprietà di alcuni fluidi pseudo-plastici di variare la loro viscosità quando sottoposti a sollecitazioni di taglio oppure nel caso di lunghi periodi di quiete. In queste condizioni il fluido può passare dallo stato di grasso pastoso quasi solido a quello di liquido o, più in generale, da quello di gel a quello di liquido”. Tra le sostanze comuni la salsa ketchup è forse la più nota a manifestare questa proprietà. Quando il contenitore è immobile la salsa appare di consistenza quasi solida, molto densa; quando invece si agita la bottiglietta essa diviene in pochi secondi molto fluida, quasi liquida, e fuoriesce con facilità dal foro. Secondo gli studiosi, l’atto di maneggiare la reliquia, durante la cerimonia, rovesciandola più volta per controllarne lo stato (nella prima fase) e per mostrarne la consistenza ai fedeli (nella seconda fase) può fornire l’energia necessaria ad innescare la liquefazione. Qualcuno potrebbe obbiettare che, se questa teoria fosse vera, non si spiegherebbe il perché della mancata liquefazione. Obbiezione giusta che però può essere smentita dal fatto che basta maneggiare delicatamente la reliquia per non farle subire le sufficienti sollecitazioni meccaniche alla liquefazione. A sostegno di ciò si sono registrati casi di liquefazioni improvvise, senza cerimonia e senza folla, quando l’ampolla è stata mossa, per esempio in occasione di restauri della teca.

La preparazione nel XIV secolo
I difensori di questa teoria sostengono, inoltre, che la preparazione di una sostanza tissotropica è possibile utilizzando materiali e tecniche già disponibili nel 1300. Si parte da una soluzione in acqua di un sale di ferro, il cloruro ferrico, che esisteva in abbondanza sul Vesuvio (come minerale detto Molisite), si aggiunge una quantità ben determinata di carbonato di calcio (un pigmento bianco molto usato dagli artisti dell’epoca). Il risultato è una soluzione colloidale bruno scura di idrossido di ferro che deve essere purificata. Per fare questo si deve mettere in una sorta di sacchetto di pergamena (o vescica o budello animale) lasciato immerso in acqua per qualche giorno. Alla fine si aggiunge una piccola quantità di comune sale e si ottiene così una sostanza tissotropica che, lasciata a riposo per alcune ore, assume la consistenza di una gelatina molto densa, ma che torna perfettamente liquida se il contenitore in cui si trova riceve piccoli urti o scosse molto simile in tutto e per tutto al sangue.

Queste informazioni sono state raccolte su:
http://www.luigigarlaschelli.it/Altrepubblicazioni/SProd.Ch.Ind.html

http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=100062

http://it.wikipedia.org/wiki/Tissotropia

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2 risposte a “Il sangue di San Gennaro: una sostanza tissotropica?”

  1. sante ha detto:

    non dice che avvengono queste cose, Doi è Spirito e i veri doratori lo devono adorare in spirito e verità, non d’avanti un ampolla di Sangue. Questa pratica non rispecchia l’insegnamento della prima chiesa Cristiana

  2. Antonio ha detto:

    secondo me un vero Cristiano non dovrebbe dare importanza a queste cose. Se un Dio esiste, trovo difficile pensare che si manifesti in queste circostanze banali, indirette, attraverso il sangue di un santo o come in tanti altri casi attraverso fenomeni e fatti dove la gente deve invocare “esperti”, scienziati… Se fossi Dio mi manifesterei in maniera diretta con le persone che per definizione Amo! Dio dovrebbe essere come la luce del sole, se c’è, apro la finestra di casa e lo vedo!